Foreign Affairs- 5 maggio 2014
Per 20 anni la politica di sicurezza europea e della NATO si è basata su quattro chiari presupposti. Il primo, la Russia non era più una potenza ostile e perciò non ci si sarebbe dovuti preoccupare di alcuna minaccia al confine. Il secondo, dato che un’alleanza difensiva contro la Russia non aveva più ragione d’essere, lo scopo per cui gli alleati avrebbero potuto e dovuto rimanere uniti si sarebbe dovuto ricercare fuori dal perimetro imposto da motivazioni storiche ormai sorpassate: da qui l’esigenza di espandere la NATO oltre i suoi confini tradizionali e di allargare la membership ad altri paesi. Il terzo, diretta conseguenza dei due precedenti, prevedeva che la Russia, divenuta non più ostile, nulla avrebbe obiettato ad una nuova configurazione della NATO basata su una nuova “mission”. Infine, quarto punto, pensavano che la NATO avrebbe avuto successo in teatri lontani come Iraq, Afghanistan, Libia.
Oggi, nel 2014, i papaveri occidentali stanno imparando la dura realtà. La Russia non è affatto propensa ad un “benign neglect” verso un’alleanza di questo tipo, l’est Europa è ancora cruciale per la NATO perché quelle ragioni storiche non si sono affatto esaurite, e i teatri afghani iracheni hanno comportato altissimi prezzi in termini monetari e di vite umani senza che la pubblica opinione abbia potuto vederne effettivi vantaggi.
In realtà, in Europa la presenza militare della NATO è ancora necessaria per scoraggiare la minaccia russa e rassicurare gli alleati sugli impegni americani: è tempo di tornare alle ragioni fondamentali su cui si fondò la stessa Alleanza (back to basics). Il crollo dell’Impero sovietico, e della stessa URSS, sicuramente avrebbe determinato una revisione degli obiettivi strategici: in omaggio agli assunti sopra descritti, si provvide ad includere nell’Alleanza paesi appartenenti al Patto di Varsavia (nel 1999, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca divennero membri a tutti gli effetti; nel 2004, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Estonia, Slovacchia e Slovenia. Nel 2009 vi entrarono Albania e Croazia).
Molti commentatori contestavano che questo assetto avrebbe prodotto contraccolpi da parte della Russia, dando spazio al suo interno alle frange nazionaliste ed anti occidentali che, preso il potere, nel peggiore degli scenari possibili, avrebbero ridefinito una politica aggressiva verso l’Occidente tale da smorzare ogni aspettativa di una Russia più morbida e meglio disposta.
Oltre a tale affronto anche il bombardamento della Serbia nel 1999, senza alcuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha provocato nella pubblica opinione russa una profonda avversione verso l’Occidente, divenendo l’arma migliore di cui Putin potesse disporre per rafforzare la sua leadership.
La proiezione su scala globale della mission della NATO non teneva però conto di come gli interessi strategici fra USA ed UE divenisse sempre più divergente: l’UE non aveva – e non ha – capacità di dispiegare una forza militare su scala globale, e ciò avrebbe determinato uno scollamento fra adesione- diplomatica e militare- alle iniziative americane nei teatri afghani, iracheni e libici; e la valenza dei risultati concreti ottenuti dalle operazioni militari intraprese.
Ora Putin, con la questione ucraina, ha messo le cancellerie occidentali di fronte a scelte ineludibili. Il problema di una sicurezza in Europa esiste ancora. Non solo, si tratterà di adottare una controffensiva efficace alla perfetta combinazione adoperata dalla Russia in Crimea fra operazioni “coperte” , disinformazione, mobilizzazione del fronte interno degli stati presi di mira : ciò comporterà l’adozione di nuovi modelli di training delle forze armate e di presenza che non può certo limitarsi ad esercitazioni militari di routine come avvenuto in questi anni. L’Europa peraltro pone problemi gravi in merito alle sue divisioni politiche ed alla dipendenza energetica dalla Russia, ciò che impone agli USA di rilegittimarsi presso le pubbliche opinioni europee rendendosi visibili come alternativa agli approvvigionamenti energetici dalla Russia, da isolare al contempo dai paesi europei.
Putin ha obiettivi strategici chiari: ristabilire una chiara influenza nell’Europa Orientale, affermare l’Unione Eurasiatica, ridefinire i confini stessi delle aree di suo interesse, dividere la NATO esacerbando i contrasti fra i suoi alleati per renderla inefficace e non operativa.
Costruire un’Europa unita, libera ed in pace è sempre un obiettivo nobile e raggiungibile a patto che si sia consapevoli che c’è un prezzo da pagare
articolo originale: http://www.foreignaffairs.com/articles/138432/michael-e-brown/natos-biggest-mistake
Traduzione ed adattamento a cura di Corrado Fontaneto